Voce come memoria di una tradizione orale: i tembang

“E ricordai: il suono è memoria, qui come altrove” (Steven Feld)

di Ilaria Meloni

ph. Ilaria Meloni

 

Introduzione

Un giorno del mese di maggio dell’anno 2014, ero nel mezzo di una delle prime lezioni di canto dal mio maestro a Yogyakarta (Giava centrale, Indonesia). Si provi ad immaginare un contesto tipico giavanese, in cui le case hanno ampi padiglioni aperti sulla facciata anteriore e chiunque – vicini, amici, parenti, conoscenti – entra, si accomoda, assiste all’esercitazione, scambia qualche parola di conversazione. Vi sono sempre cibi e bevande pronte; nelle case giavanesi l’ospitalità si respira dietro ogni imposta mai sbarrata, dietro ogni cancello aperto, dietro ogni sorriso elargito al passante occasionale. Mentre eravamo immersi nella successione intervallare delle scale pentatoniche, si è presentata una ragazza molto giovane accompagnata dalla mamma. La ragazza si è avvicinata educatamente a me e al maestro ed ha esclamato: «Sono qui perché voglio imparare i brani della tradizione giavanese (aku mau belajar tembang)». Io le chiesi: «Come mai ti interessa?», e lei rispose:

Mia nonna mi è venuta in sogno, mi ha cantato uno dei brani che intonava quando ero piccola per farmi addormentare. Mi ha detto che devo imparare per mantenere viva la tradizione, perché non è giusto che perdiamo la nostra conoscenza, la nostra memoria (comunicazione personale, maggio 2014).

Detto ciò, il maestro l’ha invitata ad eseguire il brano e lei ha fatto un’esecuzione meravigliosa, senza ancora aver mai preso una singola lezione.

I tembang costituiscono uno dei repertori vocali più diffusi nella musica tradizionale giavanese. Tembang, in giavanese colloquiale, o sekar in giavanese alto, ha un doppio significato: letteralmente può significare “fiore”, ma con questo termine si intende una serie di componimenti poetici che vengono intonati a voce sola (da nembang o nyekar, “cantare” o “intonare”). La tecnica esecutiva di questi brani ricorda effettivamente lo sbocciare di un fiore. Come i fiori, i poemi intonati partono da una melodia sillabica e sbocciano in complesse ornamentazioni che definiscono lo stile del o della cantante. Originati dalle mura di palazzo sottoforma di componimenti poetici (una tradizione che affonda le sue radici nell’VIII secolo, al tempo dei grandi regni hindu-giavanesi, e sembra derivare dai kawya indiani, Arps 1961) i tembang si sono presto diffusi nelle strade cittadine tra circoli di letterati urbani e fino ai villaggi, dove tutt’ora vengono intonati nelle occasioni più disparate (Hatch 1976).

Luoghi, contesti, occasioni

Oggigiorno, tra le occasioni più diffuse per udire i tembang vi sono senza dubbio i concerti di musica gamelan e le arti performative tradizionali (teatro delle ombre, teatro danzato, teatro popolare), in cui i tembang vengono utilizzati come parte di testi teatrali e sezioni corali nei brani strumentali. Ma una delle occasioni forse più suggestive è forse quella degli incontri definiti macapatan. Macapat è una tipologia specifica di tembang, indicata da Sumarsam (1995) come “piccoli componimenti” (tembang cilik). Letteralmente “leggere quattro” (maca empat), quello dei “piccoli componimenti” è il corpus di poemi ritenuto più recente. Secondo Arps, dal manoscritto Serat Mardawalagu si evince che: « […] macapat is the last of a series of verse from types created one after the other in the course of Javanese history» (1961: 63). Durante i macapatan, solitamente, i membri della comunità locale di villaggio o di quartiere – talvolta anche organizzazioni scolastiche, fondazioni artistiche, o i membri del palazzo reale (dei centri cortesi di Yogyakarta e Surakarta) – si riuniscono e intonano a turno questi componimenti secondo delle modalità specifiche. Nei giorni che precedono l’evento si rende noto quale o quali tembang verranno eseguiti, si forniscono delle linee guida generali e ogni partecipante (che può essere chiunque voglia partecipare, non necessariamente un cantante o musicista) si siede di fronte al pubblico o al centro del padiglione (a seconda di come è organizzato lo spazio scenico) e intona la propria versione. Cosa si intende con “la propria versione”? Partiamo dal presupposto che ogni componimento in realtà non è una forma chiusa ma un modello metrico. Ovvero, se questa sera si decide che si eseguirà Pangkur significa che si potranno presentare i componimenti in forma di Pangkur, il che significa componimenti che abbiano come tema stati d’animo contrastanti, che siano composti da sette versi per stanza, da un determinato numero di sillabe per ogni verso e una specifica vocale per ogni fine verso (Kunst 1973: 124-125):

Tabella 1. Classificazione dei macapat

Classe o tipologia

Tema

Numero di versi per ogni stanza Numero di sillabe per ogni verso Vocale finale per ogni verso
Mijil SENTIMENTALE 6 10, 6, 10, 10, 6, 6 i, o, e, i, i, u
Mas Kumambang NOSTALGICO 4 12,6, 8, 8 i, a, i, a
Sinom DIDATTICO 9 8, 8, 8, 8, 7, 8, 7, 8, 12 a, i, a, i, i, u, a, i, a
Asmarandana AMOROSO 7 8, 8, 8, 7, 8, 8 i, a, o (é), a, a, u, a
Gambuh NOSTALGICO 5 7, 10 12, 8, 8 u, u, i, u, o
Kinanthi SENTIMENTALE 6 8, 8, 8, 8, 8, 8 u, i, a, i, a, i
Dhandhanggula GENERICO 10 10,10,8,7,9,7,6,8,12,7 i, a,è(o),u, i, a ,u,a,i,a
Durma PASSIONALE 7 12, 7, 6, 7, 8, 5, 7 a, i, a, a, i, a, i
Pangkur CONTRASTANTE 7 8, 11, 8, 7, 12, 8, 8 a, i, u, a, u, a, i
Megatruh GENERICO 5 12, 8, 8, 8, 8 u, i, u, i, o
Pocung MISTICO 4 12, 6, 8, 12 u, a, i, a

Il contenuto testuale può variare e può essere sia tratto da brani classici – appartenenti al corpus più letterario e storico, in parte tramandato in manoscritti di corte – sia basato su argomenti più recenti (ad esempio, nel marzo 2020, un signore del palazzo reale presentò un suo componimento sul recentissimo tema del Covid19). Anche l’intonazione segue alcune linee guida – vi sono dei modelli melodici consultabili su alcuni libretti di notazione cifrata (come quelli a cura di Hastjarja 2000) – ma l’ornamentazione ed elaborazione delle formule vocali di ogni verso rimangono alla creatività e capacità dell’esecutore: c’è chi, ad esempio, vuole eseguirle in modo sillabico come una cantillazione e c’è chi invece le esegue in modo più melismatico. Oltre a queste occasioni più o meno ufficiali, in realtà, i tembang vengono utilizzati nei modi più disparati: come ninna nanne, come materia per l’apprendimento scolastico, per tramandare storie, per scrivere lettere o come mantra di preghiera (Arps 1961, Hatch 1976).

Qual è l’apporto dei tembang alla memoria del popolo giavanese? A mio parere, essa è incommensurabile, senza contare ciò che essi significhino relativamente alla modalità di trasmissione del sapere di una cultura prevalentemente orale. Si potrebbe affermare che i tembang siano dei vettori di memoria sia a livello testuale, contenutistico che a livello di estetica musicale, la quale affonda le radici in concezioni filosofico-religiose alla base della cultura giavanese.

Il testo poetico come “miniera di memoria”

I tembang tramandano le più disparate storie, leggende e vicende storiche del popolo giavanese ed in parte dell’Indonesia stessa. Quelli più storici e classici sono conservati sui manoscritti e sono stati studiati e raccolti prima da studiosi olandesi in tempo coloniale e poi da etnomusicologi, ricercatori e letterati dei tempi moderni. Tuttavia, buona parte di essi (soprattutto quelli più recenti e meno ancorati nella tradizione cortese) rimane appannaggio della trasmissione di tipo orale, anche perché, come già accennato, l’improvvisazione testuale e musicale fa sì che non vi siano versioni “standard” ma modelli musicali e testuali più o meno accreditati che vengono rinnovati di significato ad ogni singola esecuzione. Ogni volta che si ascolta un tembang si ode una versione diversa da quelle ascoltate in precedenza, persino dallo stesso esecutore. Esistono ovviamente versioni più note, eseguite da marionettisti o cantanti acclamati, che tendono ad essere prese più frequentemente come modello da imitare, ma il margine di variazione personale rimane comunque ampio.

Esiste un tembang per tutto: per ricordare gesta militari, per narrare storie d’amore, per tramandare saggezza mistica o memoria di avvenimenti risalenti all’epoca coloniale. Vi sono componimenti come il Tembang Pangkur Kang Winarna che narrano travagliate storie d’amore, come quella tra Ratu Kidul (la “regina del sud”) e il Sultano Agung del regno di Mataram. Nyi Roro Kidul o Ratu Kidul è uno spirito locale che regna, secondo le credenze, nella parte di Oceano Indiano che bagna le coste della località di Parangtritis, al sud di Yogyakarta. Qualsiasi yogyanese si raccomanderà di non indossare il colore verde, sacro alla regina, qualora ci si rechi presso quella spiaggia, o le conseguenze potranno essere nefaste. Molte sono le leggende che narrano della regina e del Sultano Agung che hanno dovuto rinunciare al loro amore per questioni politiche e religiose (e molte sono intonate in forma di tembang, alcuni anche aventi valenza di veri e propri mantra). Nonostante la dolorosa separazione, la regina promise al sultano che sarebbe rimasta al suo fianco per sempre, per proteggere lui e la sua discendenza dai nemici. Come molti dei miei conoscenti a palazzo mi hanno rivelato, i discendenti del Sultano Agung (e dunque tutti i regnanti susseguitesi sul trono del sultanato di Yogyakarta fino ai giorni nostri) sarebbero ancora idealmente “sposati” con la regina e per questo manterrebbero sempre una seduta vuota per lei al loro fianco.

Altri brani, come il Tembang Mijil Ing Mataram, si spostano da un tema mistico-sentimentale ad un tema mistico-paesaggistico. Questo brano in particolare narra la creazione del palazzo reale di Yogyakarta e di come le sue imponenti mura (beteng) siano state progettate in modo da avere le entrate distribuite lungo un asse metafisico che stabilisce connessioni con i punti cardinali e rende il regno protetto da forze soprannaturali (i.e. Ratu Kidul a sud, il monte Merapi a nord etc.). Questo brano è intonato dai cantori di palazzo per aprire le performance quotidiane, delimitando così una sorta di spazio sacro, ed è ritenuto simbolo ideale della continuità del potere della corte dai tempi antichi ad oggi (comunicazioni personali del bibliotecario di palazzo Widyowinoto, Yogyakarta, luglio 2020).

Tra i brani che ho avuto il piacere di studiare, cantare e tradurre più approfonditamente, troviamo tre esempi che vorrei portare all’attenzione. Il primo è il Tembang Asmarandana Aja Turu Sore Kaki, di cui riporto il testo con traduzione di seguito:

Asmarandana Aja Turu Sore Kaki

Aja turu sore kaki

Non dormire quando cala la sera

Ana dewa nglanglang jagad

C’è uno spirito che vaga per il mondo

Nyangking bokor kencanane

Portando con sé una coppa d’oro

Isine donga tetulak

Il suo contenuto è un sortilegio benefico

Sandhang klawan pangan

Vi sono cibo, abiti e casa

Yaiku bagianipun

Ecco, questo è ciò che spetta

Wong melek sabar narima

A colui che sceglierà di rimanere in attesa

Il titolo del poema significa letteralmente: “Non dormire quando cala la sera”. Diversi amici e conoscenti hanno testimoniato di come questo brano venisse intonato dalle loro nonne o madri come monito. In questo poema si narra di uno spirito che vaga a distribuire doni a chi saprà attendere. Ci si raccomanda pertanto di attendere con pazienza, rimanendo svegli durante le ore del tardo pomeriggio. Il dato interessante è che il periodo temporale del passaggio dello spirito si colloca tra l’ashar (la preghiera islamica pomeridiana) e il maghrib (la preghiera del tramonto). Sembrerebbe pertanto che elementi di misticismo giavanese di retaggio animista (lo “spirito” è indicato con nomi diversi a seconda delle aree e assume tratti locali) siano qui uniti ad elementi di culto islamico. C’è da precisare che a Giava la religione ufficiale è l’Islam ma in realtà per costituzione vige il sincretismo religioso (Vickers 2005). Questo sincretismo si ritrova spesso nelle arti performative e testimonia la stratificazione culturale dall’VIII secolo in poi (con il susseguirsi dei regni di dominazione induista, islamica, i primi missionari cristiani, il colonialismo e il periodo dalla prima repubblica ad oggi).

Unitamente al rimando a forme di misticismo sincretico, c’è in realtà in questo testo un aspetto interessante dell’attitudine giavanese di saper “attendere pazientemente”. “Sabar” (ultimo verso) è una parola che a Giava si ode in continuazione. In un’altra versione di Asmarandana si legge:

Asmarandana Wong Sabar

Wong sabar jembar rejeki

Gli uomini pazienti riceveranno ricompensa

Sapa ngalah urip berkah

Chi sa sottomettersi avrà fortuna nella vita

Linambaran prihatine

Limitati ad un comportamento modesto

Datan serik yen kataman

Non disperarti se avviene una catastrofe

Tan susah yen kelangan

Non rattristarti se perdi qualcosa

Gusti paring dan tuhu

Dio mostrerà la giusta via

Mring sapa kang gelem ndalan

A tutti quelli che vorranno seguirne gli insegnamenti.

La predisposizione all’attesa è un aspetto tipico del popolo giavanese, che crede fortemente nei principi della calma e della quiete dell’animo, il che si rifà al controllo interiore delle passioni come pratica ascetica e dettame filosofico, tramandato dai Wali Sanga (i nove santi che diffusero l’islamismo a Giava, si veda Van Dijk 1998).

Il secondo esempio che vorrei proporre è Pangkur Caping Gunung, un tembang di più recente composizione (datato attorno al 1940, durante gli anni della ribellione al colonialismo). Il brano, ad opera del maestro Pak Gesang (Gesang Mortohartono), che s’intitola: “cappello di paglia” (letteralmente “cappello a forma di montagna” o “conico”), allude al tipico copricapo utilizzato dai contadini in molti territori asiatici. Il testo, che allego di seguito, appare meno didascalico e meno intriso di misticismo rispetto agli esempi precedenti:

Pangkur Caping Gunung

Saben bengi nyawang konang

Contemplando le lucciole ogni notte

Yen memajang mung karo janur kuning

Semplici decorazioni di foglie di cocco gialle

Kembang wae weton nggunung

Fiori di montagna

Pacitan sarwi jenang

Piccoli assaggi di budino di riso

(Panas udan, endhek lemu dhuwur lemu

Wong sak omah lemu kabeh)

(La calda pioggia, persone basse e grasse, alte e grasse

Tutte le persone grasse prendono rifugio sotto i tetti elle case)

Panas udan aling-aling caping nggunung

La calda pioggia, trovando riparo sotto i cappelli a punta

Nadyan wadon sarta lanang

Tutti gli uomini e le donne

Inumane banyu bening

Bevono acqua limpida

Questo poema è un vero e proprio affresco bucolico che ritrae scorci di vita di villaggio quasi impressionistici in un periodo di prosperità, come si evince da dettagli quali: le persone in carne, le piogge abbondanti (quindi indice di raccolti abbondanti), le decorazioni di foglie di cocco che simboleggiano cerimonie e rituali (quindi festeggiamenti), il cibo e l’acqua limpida. È un tembang che funge da “overture” vocale, ad introduzione dell’omonimo brano musicale con accompagnamento strumentale (il langgam Caping Gunung).  Quest’ultimo è esplicitamente ambientato durante gli anni di guerriglia contro il potere coloniale (la prima frase recita: “Durante il tempo delle lotte (Dhek jaman berjuang)” e parla di una donna che dà rifugio ad un ragazzo scappato dalla città messa a ferro e fuoco, per trovare rifugio e protezione tra gli abitanti del villaggio (l’indossare il cappello di paglia come i contadini era una riprova della sua rapida ambientazione nel contesto). Tuttavia, una volta ottenuta l’indipendenza nazionale, questo ragazzo lascia il villaggio e non vi fa più ritorno, nonostante la sua “promessa” (il tema della “promessa” è frequente in questi poemi e ritorna in vari testi). Questo brano è dunque, oltre che una viva rimembranza di un periodo di tumulti e lotte per la liberazione, una fervida testimonianza della proverbiale accoglienza della gente di villaggio con le proprie consuetudini e tradizioni.

L’ultimo esempio, il Tembang Dhandhanggula Banjet, è tratto da un corpus più antico, il Serat Tripama, risalente al tempo del sovrano Mangkunegara IV (inizi del XIX sec.) (Setyawan e Saddhono 2018). Si tratta del primo tembang che ho appreso oralmente, nel 2014, da una cara amica e cantante giavanese, all’epoca studentessa come me all’Istituto delle Arti di Yogyakarta. Questo tembang è spesso eseguito nel teatro delle ombre e per i miei amici e colleghi musicisti era un brano importante per simboleggiare la città di Yogyakarta e il suo carattere di regione a statuto speciale, in cui il sultano è ancora il governatore (mentre le altre province sono parte delle regioni amministrative che non godono della stessa autonomia). Il brano recita:

Dhandhanggula Banjet

Yogyanira kang para prajurit

È bene che i soldati

Lamun bisa samya anuladha

Quando possibile, prendano ad esempio

Duk ing nguni caritane

Come narra la leggenda di quel tempo memorabile

Andelira Sang Prabu

Il nobile condottiero del re

Sasrabau ing Maespati

Sasrabau del regno di Maespati

Aran Patih Suwanda

Il cui nome era Patih Suwanda

Lelabuhanipun

Il suo operato

Kang ginelung tri prakara

Che era basato su tre principi

Guna kaya purune kang den antepi

Sapienza, abilità e coraggio nel perseguire le imprese

Nuhoni trah utama

Viene tramandato ad una discendenza di uomini esemplari

Il testo narra le gesta del condottiero Patih Suwanda, figura leggendaria di condottiero giavanese sotto il Re Arjuna Sasrabau del regno di Maespati, incarnazione di Vishnu, un esempio di coraggio, ethos ed intelligenza in battaglia. Le sue gesta sono narrate nei diari di corte e sono rinforzate da fonti islamiche che lo dipingevano come una persona capace di forti privazioni al limite dell’ascetismo e di auto-controllo. Troviamo ancora un elemento sincretico: qui l’islamismo convive tranquillamente con l’induismo. Questo poema è considerato un indice del forte aspetto marziale della tradizione giavanese (Setyawan e Saddhono 2018). Il prestigio militare è riconosciuto in particolar modo dagli abitanti di Yogyakarta (il cui nome è, tra l’altro, in assonanza con “Yogyanira”, all’inizio del primo verso). L’intelligenza militare della corte yogyanese è stata un determinante contributo alla resistenza anticoloniale e all’ottenimento dell’indipendenza. Il sultano di Yogyakarta, Hamengkubuwana VIII, fu quello che diede man forte ai ribelli influendo decisamente sulle sorti delle lotte. Dunque, le gesta passate sono simbolo della forza grazie alla quale è stata in un certo senso ottenuta la libertà dal colonialismo, oltre che un esempio di valori dell’etica giavanese rafforzati dalla filosofia islamica. Questo poema è forse quello che più testimonia il complesso il sistema del tramandare la memoria. Spesso, gesta leggendarie degli antichi regni giavanesi vengono prese ad esempio anche per fatti storici più recenti. Ma sono anche un esempio di espressione dell’identità di un luogo, della città, della corte, del villaggio, quindi potenzialmente dei suoi abitanti che si ritengono in un certo senso i discendenti di quegli esempi storici intrisi di profondi valori.

In realtà, anche i tembang di argomento più leggero, scherzoso o amoroso (come Asmarandan Jaka Lala che viene cantata spesso nei matrimoni come augurio agli sposi), contengono molti elementi caratteristici della Giava tradizionale e sono quindi utilizzati come veri e proprie testimonianze storiche anche di tradizioni che possono venire soppiantate dall’avanzare della modernizzazione. I tembang sono inoltre testimonianze linguistiche, essendo scritti in diversi livelli di giavanese dall’antico al moderno. In alcuni il significato rimane molto oscuro per via di questa stratificazione linguistica. Un’altra caratteristica è la più volte accennata testimonianza del sincretismo religioso a Giava: nei tembang ci sono tracce di animismo, induismo e islamismo talmente bene amalgamate che di rado pongono problemi all’esecutore, qualsiasi culto egli professi ufficialmente. I tembang sono miniere di memoria in questo senso. Sono memoria non di una tradizione passata ma di una tradizione vivente ed in continua trasformazione, sincretica, dinamica ed inclusiva.

Esecuzione, etica ed estetica musicale

L’esecuzione musicale e vocale prevede l’intonazione di questi versi su uno dei sei modi delle due scale pentatoniche giavanesi (sendro e pelog, con alcune differenze intervallari a seconda dell’esatta locazione geografica secondo quelli che sono definiti “stili regionali”, Sutton 1991, Kartomi 1973), ritmo libero, tempi molto distesi, lenti e dilatati (Arps 1961). Ogni esecutore è invitato a prendere le proprie pause e i propri tempi. La dilatazione temporale si rifà alla sensazione di calma e controllo interiore, che definisce l’estetica “raffinata” (halus) di contro ad un’estetica “grezza” (kasar) propria di chi non sa tenere a freno istinti e passioni (Anderson 1972). Infatti, una buona interpretazione dei tembang è una non-interpretazione. Mentre in molta della musica vocale di stampo occidentale è determinante rendere le emozioni, le sensazioni del testo con sfumature musicali e vocali, dinamiche, anche espressioni facciali, nella musica giavanese il canto di tipo classico prevede invece una certa immobilità. Il che significa che tutto viene eseguito senza troppa enfasi o slancio ma mantenendo un atteggiamento composto, controllato, anche nell’espressione del volto e nella gestualità, il che può risultare un’esecuzione un po’ statica. Non a caso, molti ascoltatori alle prime armi risultano estremamente annoiati (soprattutto qualvolta l’ascolto venga decontestualizzato e riproposto meccanicamente o a scopo esemplificativo o tecnicistico). In realtà, i tembang trasmettono più di quel che si percepisca ad un ascolto superficiale e lo fanno tramite le intricate ornamentazioni da cui si vede la personalizzazione, lo stile vocale e l’apporto emotivo dell’esecutore. In principio essi venivano recitati in modo più sillabico o e si poneva molta attenzione al testo. La melodia doveva essere: «Clear, elementary, bare, plain, straight forward, simple; without too many melodic turns, variations and embellishments, because one must simultaneously be aware of the contents of the tembang book which one is reciting» (Arps 1961: 274). Il contenuto del testo era importante, e dunque la melodia doveva essere “serva della parola” evitando eccessivi abbellimenti che avrebbero provocato incomprensioni del senso (una pratica per molti versi affine a quella del “recitar cantando”). Tuttavia, dall’introduzione delle cantanti femminili (quindi dal XX secolo), un altro stile melodico è presto subentrato al primo. Questo stile prevede un trattamento melismatico della melodia, e l’elaborazione di alcune varianti melodiche o abbellimenti. L’intonazione dei poemi propende sempre più verso questa natura più marcatamente melismatica e dunque verso un marcato virtuosismo, di pari passo alla diffusione e popolarità del canto femminile (sindhen). L’attitudine generale nell’esecuzione rimane comunque calma e serafica, con un sorriso lievemente accennato senza eccessiva apertura della bocca, in posizione solitamente seduta o semi-inginocchiata per le donne. Queste modalità esecutive hanno a che fare, da un lato, con la lunga e florida tradizione della musica gamelan (Sumarsam 1995: 164) e, dall’altro, con i dettami estetici di cui sopra (l’estetica “raffinata” e la dottrina dell’autocontrollo).

Conclusione

Concludendo questa trattazione, mi sentirei di affermare che i tembang sono molto più che testimonianze letterarie di un determinato tempo o un determinato luogo. I tembang sono uno dei tanti esempi tramite i quali una cultura di tradizione orale si mantiene viva nel tempo, si rinnova costantemente tramite le sue forme d’arte che attraversano diversi tempi e spazi e ne portano qualcosa con sé, che rivive in nuovi tempi e nuovi spazi, sempre attuali nei loro significati intrinsechi in cui una comunità si riconosce attraverso un rimando alla memoria collettiva. Essi non si fanno mediatori di memoria solo nell’aspetto testuale ma anche sotto quello musicale e sociale. I tembang possiedono quell’ “eccedenza semantica” (Nora 1984) che gli consente di essere mobili nel tempo. In questo senso essi sono dei veri e propri “luoghi della memoria” (Nora 1984). Essi tramandano immagini che affiorano nel presente “emergendo dalle tenebre del passato” (per utilizzare le parole del professor Antonio Rostagno durante la conferenza L’Arte e la Memoria, per non dimenticare, 28 gennaio 2021). La forza dei tembang è nella loro mobilità temporale, nella capacità di metamorfosi delle attribuzioni di significato, in grado di generare delle connessioni con esperienze emotive e ideologiche di un passato storico o mitologico-letterario. Pur essendo, infatti, per origine legati ad una ben definita storia culturale, a determinate dicotomie estetiche ed insegnamenti etici, essi si aprono alla creatività, alla sensibilità e alla soggettività di chi, nella propria personale esecuzione, li rende personali mezzi espressivi di un passato esemplare che si riversa con una soluzione di continuità nella relatività di un presente attuale e rende auspicabile un futuro ideale.

Cortesia di Ilaria Meloni

Bibliografia

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Vickers, Adrian

2005, A History of Modern Indonesia, Cambridge University Press, Cambridge.

Sitografia

(Alla quale si rimanda per un ascolto consigliato dei brani citati)

Asmarandana Ojo Turu Sore Kaki https://www.youtube.com/watch?v=IyzR_t0rmeQ&t=71s  .

Asmarandana Wong Sabar https://www.youtube.com/watch?v=PjXWcVuGI-o .

Pangkur Caping Gunung https://www.youtube.com/watch?v=NDneiR4T-is  .

Dhandhanggula Banjet https://www.youtube.com/watch?v=CMZN45KHVcY .