Teste
di Marcello Smarrelli
Premessa: Quando Ecce Musica Magazine mi ha chiesto un contributo relativo alla parola del mese – memoria – ha innescato una reazione che mi ha riportato alla mente – appunto – uno dei progetti artistici più belli realizzati nella mia carriera di curatore: Teste dell’artista Francesco Arena.
Era il 2008 e questo progetto nasceva nell’ambito dell’XI edizione del Premio Ermanno Casoli, la prima che curavo come direttore artistico dell’omonima Fondazione voluta della Famiglia Casoli per onorare la memoria del fondatore di Elica, una grande multinazionale leader nella produzione di cappe da cucina ad uso domestico con sede a Fabriano.
Il testo pubblicato nel catalogo edito in quell’occasione ruota tutto intorno alla memoria: per questo motivo ho pensato di riproporlo.
Sosteneva Marc Bloch che la storia serve ad analizzare il passato in funzione del presente e il presente in funzione del passato in un’indagine continua volta al recupero e alla ricostruzione della “memoria collettiva”, un elemento di riflessione importante che aiuta a migliorare la conoscenza e costituisce uno strumento utile alle società di ogni tempo per risolvere al meglio i problemi legati alla contemporaneità (1).
Da sempre gli artisti si sono misurati con la dimensione del tempo e della memoria, con il problema del tramandare, del rendere immortali momenti e personaggi che con il loro operato hanno segnato la storia dell’umanità tanto da costituire un exemplum, un modello di virtù da seguire e imitare. In questo senso il ritratto è stato un genere emblematico. Sia che fosse realistico oppure idealizzato e celebrativo, il ritratto è sempre stata la modalità più semplice ed efficace per consegnare all’eternità il ricordo delle persone raffigurate. L’elezione e la celebrazione dei propri eroi è uno dei modi più diretti a disposizione di tutte le culture per dichiarare se stesse.
I cicli pittorici e scultorei dedicati agli “Uomini Famosi” (De viris illustribus) che i palazzi gotici e rinascimentali conservano copiosi, non celano il loro messaggio ma lo incarnano in gallerie di figure note che le didascalie, o tituli, provvedono ad identificare esplicitando anche verbalmente il senso dell’omaggio figurato.
Fotografie, monumenti, statue, targhe, iscrizioni sugli edifici, nelle vie e nelle piazze, continuano ancora a svolgere questa funzione di “fotogrammi di storia della mentalità” (2); notazioni che, se correttamente sviluppate, aiutano a ricordare e diventano una guida sicura nell’interpretazione dei fatti accaduti. Da questo punto di vista, anche l’attività di una fondazione intitolata ad una persona scomparsa può costituire una forma di monumento dedicato alla sua memoria. Ma non esiste memoria senza il suo opposto: la dimenticanza, l’oblio.
Muovendo da questa riflessione, Francesco Arena ha realizzato un workshop rivolto ai dipendenti dell’azienda Elica dal titolo Ricordare è conoscere, articolato in cinque incontri che fanno parte del ciclo “E-STRAORDINARIO”, della Fondazione Ermanno Casoli (3).
Durante gli incontri l’artista ha affrontato i temi che caratterizzano la sua ricerca, come la memoria personale e quella storica, l’importanza del passato come fonte iconografica, la funzione didattica e pedagogica del ricordo come strumento di conoscenza del presente, l’incrociarsi di memoria collettiva e memoria individuale, il racconto della trasformazione cui vanno incontro cose, persone, pensieri, il carattere effimero e transitorio del ricordo.
Francesco Arena guarda alla realtà con intelligenza e ironia, ma anche con una forma di rispetto e di stupore per le cose. Nel paesaggio che lo circonda l’artista riconosce una volontà progettuale, accompagnata da una lenta deriva. Il lavoro dell’uomo gli appare irrimediabilmente debole in relazione alle forze della natura e le continue cure non possono evitare il sopraggiungere dell’abbandono quale destino ultimo dell’esistenza. La tensione che si genera da questo ciclico farsi e disfarsi delle cose lo porta a cogliere della realtà, e a fissare nei suoi lavori, quegli elementi semplici, quotidiani, capaci di fermare un ricordo, di trattenere un’emozione.
Questi monumenti fragili diventano i supporti su cui s’innesta il ricordo, funzionano come dei reliquiari in cui “la reliquia stessa pare essere scomparsa, oppure tarda a rivelarsi come tale, tanto è prossima alla quotidianità. Come reliquiari senza miracolo, custodiscono un segreto che è sulla bocca di tutti. Sono le prove di una religione senza santi, i relitti di un culto nazionale privo di poeti e navigatori” (4).
Questa visione anti-monumentale è caratteristica di tutto il lavoro di Francesco Arena e costituisce, attraverso una serie di opere coerentemente realizzate negli anni, il suo particolare modo di leggere la storia, un personale atlante in cui le immagini della vita minuta, intima, si intrecciano e si confondono con quelle ridondanti dei fatti di cronaca che cambiano il mondo. “Cos’è la storia”, si chiede lo scrittore Edgar L. Doctorow, “se non un racconto ammonitore?”.
Ricordare è un mezzo per conoscere, per migliorare la propria capacità di comprendere ciò che accade, ma anche ciò che siamo, attraverso punti di vista diversi.
Noi non abitiamo il mondo, ma sempre e solo la descrizione del mondo attraverso il racconto che le persone preposte alla nostra educazione ci hanno tramandato fin dalla nascita. Per questo la memoria diventa un elemento senza il quale è impossibile qualsiasi forma reale di conoscenza. “La memoria è di diversi tipi”, spiega Francesco Arena, “ne esiste una personale, quella che ognuno di noi si porta dietro dall’infanzia, una memoria fatta di accadimenti che riguardano noi e le persone vicine, la famiglia, gli amici. C’è una memoria storica, il racconto corale dei grandi avvenimenti. C’è infine la memoria condivisa, che è legata alla memoria storica. Accade spesso che la memoria individuale e quella storica si uniscano, che le nostre vicende personali intersechino i fatti che ogni giorno muovono il mondo, influenzandolo e influenzando la nostra visione”.
Oggetti personali legati all’11 settembre 2001 momentaneamente riuniti su un pallet è un’opera effimera realizzata invitando i dipendenti che partecipavano al workshop a portare un oggetto collegato al ricordo dell’11 settembre 2001 e a raccontare quella giornata attraverso l’oggetto scelto.
Analizzando i concetti di memoria collettiva e memoria individuale, si è dimostrato che nessun gesto si disperde e che ogni azione e ogni pensiero si uniscono contribuendo a creare il grande racconto corale della storia.
Il tema del ritratto, dello sguardo che gettiamo sugli altri, di come questo torni a noi deformato, ampliato e cristallizzato in concetti e storie, è stato affrontato attraverso la realizzazione di un’altra opera collettiva: Alla stessa altezza degli occhi.
I partecipanti sono stati invitati a fare il nome di un personaggio celebre di cui avrebbero voluto vedere il ritratto. Le immagini, trovate su Internet, sono state stampate e appese ad una parete così che gli occhi della persona ritratta fossero alla stessa altezza degli occhi di chi l’aveva scelta. Durante il workshop l’idea del ritratto è stata affrontata anche mettendo in relazione il singolo con le dinamiche interne a un gruppo di lavoro.
L’attività che Francesco Arena ha proposto ai dipendenti dell’azienda si è rivelata un valido strumento per rafforzare alcune competenze chiave. Producendo situazioni sconosciute ed insolite che richiedono compiti nuovi, si possono infatti trovare forti analogie con le attività richieste nei contesti professionali. Si sviluppano capacità come la gestione del tempo e delle risorse, potenziando l’abilità, in un mondo in continuo cambiamento, di adattarsi agli imprevisti sapendo trovare velocemente soluzioni innovative e creative a problemi sempre più inattesi.
L’uso della metafora nella formazione esperienziale permette di nutrire la creatività ed il pensiero laterale, di potenziare e consolidare l’apprendimento, di stimolare la persona a connettere i suoi diversi piani (cognitivo/emotivo, razionale/intuitivo) e di formarsi divertendosi.
Sfruttando competenze, materiali e tecnologie che i dipendenti di Elica impiegano quotidianamente – ma traslate in un ambito nuovo – e lasciando emergere difficoltà inaspettate che richiedevano approcci e soluzioni alternative, nella fase finale del workshop Arena ha messo a punto un congegno capace di agire su un manufatto artistico modificandone la forma e trasformandone il significato, realizzato seguendo l’iter della produzione industriale.
Teste è il risultato conclusivo di questo lento processo di elaborazione portato avanti nel workshop durato circa un anno. L’artista ha condotto i partecipanti ad individuare le modalità con cui selezionare un gruppo di personaggi famosi legati tra loro per qualche ragione. Sono stati scelti sei personaggi importanti per la storia delle Marche dei quali è stata realizzata una testa-ritratto in argilla:
Gino De Dominicis, artista, architetto e filosofo (Ancona, 1947 – Roma, 1998);
Osvaldo Licini, artista (Monte Vidon Corrado, 1894 – Monte Vidon Corrado, 1958);
Giambattista Miliani, esploratore, alpinista, speleologo ed innovatore industriale cartario, nonché Senatore del Regno d’Italia (Fabriano 1856 – 1937);
Maria Montessori, pedagogista, filosofa, medico, scienziata, educatrice e volontaria (Chiaravalle, 1870 – Noordwijk aan Zee, 1952);
Padre Matteo Ricci, gesuita, matematico e cartografo (Macerata, 1552 – Pechino, 1610);
Renata Tebaldi, soprano (Pesaro, 1922 – San Marino, 2004).
I sei ritratti sono stati posizionati in altrettanti punti di passaggio all’interno o all’esterno della sede fabrianese di Elica, in modo da essere facilmente visibili dai dipendenti e dai visitatori. Attraverso un originale meccanismo idraulico di raccolta delle acque, ogni volta che pioverà le teste saranno irrorate da un getto più o meno forte che progressivamente consumerà l’argilla rendendo lentamente i tratti fisionomici irriconoscibili.
Questo procedimento di corrosione sfugge al controllo: non è possibile prevedere in quanto tempo i volti appartenenti al nostro background culturale e alla memoria storica sfumeranno i loro connotati divenendo sempre più anonimi e surreali. Dopo un certo grado di consunzione verranno decisi altri personaggi da sottoporre a questo particolare trattamento di dispersione della memoria, mentre i volti consumati verranno collocati in un apposito spazio e costituiranno una galleria davvero particolare di ritratti, sulla falsariga di quelle dedicate ai “viris illustribus”, che costituivano un elemento irrinunciabile, dal Medioevo in poi, nella decorazione delle dimore patrizie.
Note
- M. Bloch, Apologia della storia o mestiere di storico, Biblioteca Enaudi, Torino 1998.
- E. Battisti, Cicli pittorici. Storie profane, Touring Club Italiano, Milano 1981, p. 48.
- E-Straordinario è il progetto della Fondazione Ermanno Casoli, ideato e curato da Marcello Smarrelli, che dal 2008 porta l’arte contemporanea nel mondo dell’impresa quale strumento didattico e metodologico rivolto alla formazione aziendale. Attraverso un ciclo di workshop artisti di fama internazionale lavorano alla realizzazione di un’opera d’arte con i dipendenti di un’azienda, coadiuvati da un formatore manageriale e da un curatore d’arte contemporanea. Le opere prodotte nel corso di queste attività di formazione vanno a costituire un “museo diffuso” che coinvolge tutte le imprese che negli anni hanno utilizzato questo metodo.
- A. Rabottini, Memoria singolare, in AAVV, Francesco Arena 3,24. Catalogo della mostra, Nomas Foundation, Roma 2008.