PIAZZOLLA 100: libertà, avanguardia, rivoluzione, umanità.

Uomo ambizioso dalle grandi aspettative, compositore e interprete consapevole di voler attuare una rivoluzione difficile: rinnovare il tango. Già riconosciuto a suo tempo come grande musicista ma non da tutti come compositore di tango. Oggi, nel centenario della sua nascita, lo ricordiamo come avrebbe sempre meritato, come colui che riuscì a fondere in maniera perfetta il tango con il linguaggio contemporaneo, una tradizione non interrotta, ma viva e in continuo divenire.

di Imma Franzese 

«Ho un’aspettativa: che la mia musica venga ascoltata nel 2020. E anche nel 3000.»

Astor Piazzolla

Astor Piazzolla, 2020 – Daniel Kondo

Festeggiamo il centenario della nascita di Piazzolla – classe 1921 – grande musicista, bandoneonista e compositore argentino. Sono passati cento anni, c’è chi direbbe razionalmente che è un secolo, chi una vita, o forse meglio dire più vite, chi pensa sia solo una cifra facile da pronunciare ma difficile da vivere e da immaginare, eppure Piazzolla aveva intuito il valore della propria musica e sapeva che oggi, nel 2021, saremmo stati qui a parlare di lui e della sua musica, così come forse accadrà nel 3000.

La musica di Piazzolla è così intensa e profonda, capace di stimolare e suscitare un movimento interno, è infatti impossibile ascoltarla e restare inerte nel corpo o nel pensiero, qualcosa si muove, ma prima di addentrarci nel vivo della sua musica, conosciamo meglio il compositore argentino il cui modus operandi e cogitandi può essere fonte di grande ispirazione e insegnamento. Piazzolla era un uomo ambizioso con la voglia di crescere e di imparare, caratterizzato da una giovinezza interiore perenne che lo spinse a ricercare linguaggi e forme sempre più nuove e aggiornate. Egli nacque l’11 Marzo 1921 a Mar de la Plata, città costiera dell’argentina nella provincia di Buenos Aires, e se scavassimo più in profondità scopriremmo che la famiglia del giovane Astor avesse in realtà origini italiane e non argentine. I nonni – paterni e materni – rientravano in quel grande numero di italiani emigrati in Argentina in un periodo prospero per il Paese, il quale di lì a poco, negli anni 20, sarebbe diventato il settimo paese più ricco del mondo. I genitori del giovane Piazzolla, papà Vicente e mamma Asunta Manetti, cercarono di migliorare la propria vita per garantire un buon futuro al figlio e decisero di trasferirsi a New York quando Astor aveva solo quattro anni.

La grande città divenne dunque la culla, lo scenario in cui egli crebbe e da cui avrebbe avuto poi difficoltà a separarsi; la maggior parte dei ricordi di infanzia lo avrebbe sempre ricondotto a New York, lì Piazzolla si fortificò acquisendo interesse per la vita in generale e in parte per la vita di strada ove imparò ben presto a difendersi. I genitori seguivano molto il giovane figlio e riponevano in lui molta fiducia, Vicente infatti era convinto che Astor valesse molto e che sarebbe diventato qualcuno, che sarebbe andato lontano, e forse fu questa la chiave della sua grande ambizione e motivazione. Ma in che modo quel giovane ragazzo è diventato il Piazzolla che conosciamo oggi e che ricordiamo a cento anni dalla nascita? Tutto partì da un regalo che il padre fece ad Astor nel 1930, un bandoneón. Si trattava di uno strumento, simbolo del tango, inventato nel 1854 in Germania prevalentemente pensato per la musica sacra, portato poi in Argentina da immigranti o marinai che ritrovavano in quel suono triste e vellutato l’espressione della malinconia di casa e della propria terra. Ma ritorniamo al regalo di papà Vicente; dopo una fase di curiosità iniziale, il bandoneón fu abbandonato e i vari tentativi di avvicinamento alla musica argentina e al tango sembravano vani, il giovane Astor era troppo preso dagli amici e dalla vita di strada che tanto amava. Pian piano Vicente e Asunta riuscirono ad alimentare l’interesse musicale nel figlio, Astor infatti iniziò a prendere lezioni di bandoneón e appoggiato dal padre visse gli umili inizi da musicista con varie esibizioni ed esecuzioni. Nonostante i dischi da cui era circondato e le sollecitazioni insistenti di suo padre, il giovane non mostrava ancora un grande entusiasmo per il tango e iniziò a sperimentare nuovi generi.

Era il 1930, aveva quasi dieci anni e rimase completamente affascinato dal suono del pianoforte proveniente dall’appartamento vicino, egli passava infatti ore ed ore affacciato alla finestra gustando Bach e i classici ben eseguiti da Béla Wilda, pianista ungherese allievo di Sergei Rachmaninoff. Il giovane Piazzolla si innamorò completamente di Bach e della musica classica e iniziò a studiare con Wilda, il quale – arrangiando i pezzi pianistici per bandoneón – gli diede la possibilità di coltivare quella grande passione per la musica bachiana attraverso il suo strumento. L’interesse per la musica iniziava pian piano a prendere forma e fu alimentato da grandi incontri, primo fra tutti quello con il grande idolo di papà Vicente: Carlos Gardel, figura di spicco e una delle voci più influenti nella storia del tango. Gardel mostrò una certa curiosità per Astor e – come lo stesso Piazzolla ha raccontato in un’intervista nel 1976 – durante un pranzo portò tutta la musica del suo film “El día que me quieras” e chiese al giovane di suonarla. Piazzolla racconta: «Me la fa ascoltare ed io suono con il bandoneón il tango, così come è scritto, pessimamente come Tango, come musica mi riusciva bene, ero un musicista. Mi piaceva la musica e suonavo Bach, e così suonavo il tango come si trattasse di Bach. Fu così che cominciai a suonare il primo tango, direttamente con Gardel».

Nonostante questo primo approccio tanguero, Piazzolla, rientrato in Argentina con la famiglia (1937), non riusciva a dimenticare le esperienze sonore vissute a New York, nella sua testa c’era Bach, Schumann, Mozart, il jazz, Cab Calloway e «pochissimo tango» (AzziCollier2016). Gli stimoli paterni e l’incontro con Gardel non sembravano aver catturato del tutto l’attenzione del giovane, eppure arrivò un momento in cui egli si sentì irrimediabilmente attratto dal tango, ciò accadde dopo aver ascoltato alla radio il Sestetto di Elvino Vardaro. Quest’ultimo quasi come deus ex machina riuscì con il suono del suo violino a convincere finalmente Piazzolla che il tango fosse un genere tanto complesso quanto interessante.

Questo nuovo interesse portò Astor a Buenos Aires ove riuscì ad approfondire la sua grande passione per la musica entrando a far parte dell’orchestra di Anibal Troilo in primis come bandoneonista e successivamente come arrangiatore; fu una grande occasione, un grande trampolino di lancio per Piazzolla che riuscì così ad assumere un ruolo importante nel mondo del tango. La cosa che più colpisce del compositore argentino è la versatilità e la continua voglia di migliorarsi, di sperimentare e conoscere cose nuove, sempre entusiasta e tanto audace al punto da cimentarsi – appena diciottenne – nella composizione di un Concerto da far ascoltare ad Arthur Rubinstein durante un suo soggiorno a Buenos Aires nel 1939. Piazzolla avrebbe poi raccontato, in tempi più maturi, che si trattasse davvero di musica orribile, eppure Rubinstein dopo essersi accertato che davvero il ragazzo fosse interessato alla musica, gli consigliò di procedere con degli studi approfonditi e seri. Fu così che Astor conobbe Alberto Ginastera – nel 1940 – le cui lezioni si rivelarono fondamentali per la sua formazione di artista, compositore, musicista e uomo. Egli ebbe modo di approfondire la composizione e l’armonia, ma non solo, il maestro infatti trasmise all’allievo una grande passione per la conoscenza affermando che il musicista, in quanto artigiano di «un’arte totalizzante», non può limitarsi a poche cose, ma deve studiare e conoscere tutto (Azzi & Collier, 2017).

Inizia così una nuova fase della vita di Piazzolla, egli inizia a leggere tanto, a studiare storia dell’arte e a non porsi limiti nella conoscenza pur non trascurando la musica e il lavoro con Troilo; in realtà questo periodo rese la personalità del compositore argentino ancor più forte, arricchita culturalmente e umanamente. Grazie agli insegnamenti di Ginastera, Astor iniziò a sperimentare con la propria musica, a proporre nuovi arrangiamenti di tanghi che non sempre furono apprezzati in quanto diversi dalle sonorità tanguere tradizionali.

Nel 1946 si dedicò alla musica da concerto e formò la sua prima orchestra che lasciò dopo pochi anni per dedicarsi totalmente alla composizione, arte che gli procurò grandi successi, riconoscimenti e allo stesso tempo critiche dai cultori del tango tradizionale. Le sue composizioni iniziarono ad avere molte risonanze positive, vinse molti premi e riuscì ad ottenere una borsa di studio dal Governo francese avendo la possibilità di studiare con Nadia Boulanger – direttrice di orchestra, organista e compositrice – la quale comprese che la vera essenza di Piazzolla fosse nel tango e infatti ricordiamo la sua affermazione: «Qui [dopo l’esecuzione di un tango] c’è il vero Piazzolla, non lasciarlo mai».

Il compositore argentino colse le parole di Boulanger come una rivelazione di qualcosa che in cuor suo già sapeva, ma che forse aveva difficoltà ad accettare e fece in modo da dedicarsi esclusivamente al complesso mondo della musica popolare argentina, così tutta la conoscenza appresa nel corso degli anni fu messa al servizio del tango. Piazzolla riteneva il binomio musica-tango come sinonimo di ricerca, sperimentazione e sviluppo credendo fermamente che la musica dovesse essere viva e che dovesse dire qualcosa di nuovo, ma per effettuare questa evoluzione era necessaria un’ampia cultura musicale in mancanza della quale non si poteva realmente avanzare dallo stile del tango tradizionale. Piazzolla riuscì ad evolversi e il tango con lui, trasformò lo stile tradizionale a favore di una nuova forma: il Nuevo Tango.

Da quel momento in poi la musica di Piazzolla iniziò a risuonare senza alcuna interruzione, pur se con numerosi ostacoli e critiche, era il prodotto di una personalità forte che aveva il fervente desiderio di portare i profumi e i paesaggi della propria terra all’interno di una musica nuova, che tenesse uno sguardo al passato, ma che non finisse mai di aggiornarsi e di rinnovarsi. Quella di Piazzolla fu una vita di grandi sacrifici, di studio, di passione, di musica, di incontri, di libertà, di avanguardia, di rivoluzione e di umanità. Si spense il 4 luglio del 1992 a Buenos Aires.

La sua musica è davvero il dono più prezioso che potesse farci, di grande sensibilità e profondità, ma in che termini si parla di tango Nuevo? Quale fu la grande novità piazzollana?

Con Nuevo Tango si fa riferimento al nuovo stile promosso da Piazzolla, a partire dal 1955, che si differenzia dal Tango Tradizionale, delle origini, diffusosi in terra argentina a partire dal 1880. Piazzolla non si pose con atteggiamento di rifiuto nei confronti del “già conosciuto”, “già suonato”, “già sentito”, bensì ritenne il passaggio dal “tradizionale” al “Nuevo” come fase evolutiva necessaria per far sopravvivere quel Patrimonio tanto caro agli argentini facendo in modo che esso potesse collocarsi in una scia di continuità rinnovata; in quella nuova musica, viva, doveva risuonare la caoticità e il ritmo turbinoso della Buenos Aires di quegli anni. Una delle principali prerogative del Tango Tradizionale era la ballabilità e dunque il mantenimento della dimensione coreutico-musicale attraverso una musica che rispondesse alle esigenze dei ballerini, con Piazzolla invece la forma del tango assunse una nuova veste, fu elevata ad una musica da concerto, un’esperienza uditiva più che visiva, che coinvolgesse le orecchie in una sala da concerto piuttosto che i piedi in una sala da ballo.

Questa fu una delle prime grandi innovazioni e intuizioni portate da Piazzolla, ma ci furono indubbiamente degli elementi di continuità tra le due forme, infatti, abbiamo già affermato che l’obiettivo del compositore argentino non era eliminare la tradizione, ma rinnovarla e renderla attuale, viva e in continuo divenire. Non ci stupisce che questa innovazione fosse ispirata – in parte – proprio alla tradizione da cui in qualche modo voleva evolversi. Vedremo in seguito alcuni elementi di continuità tra il Nuevo Tango ed il Tango Tradizionale ma è necessario osservare che questi spunti furono solo un punto di partenza per il compositore argentino, come dei semi prelevati da un campo arido ed esausto, piantati poi in un terreno diverso con nuove cure e tanta luce. Il risultato? Nuovi germogli, nuova vita!

Il bandoneón rientra ad esempio tra i fattori comuni, fin da subito la sua sonorità sembrava perfetta per un tipo di musica particolare, figlia di una terra difficile che ben si esprimeva con il suono malinconico e vellutato dello strumento. Piazzolla non ebbe mai dubbi su questo, mantenne il bandoneón come strumento chiave del tango pur non negandosi la possibilità di inserirne altri, di sperimentare nuove formazioni e soprattutto di promuovere una posizione e una tecnica esecutiva diversa da quelle tradizionali. Inizialmente mantenne la classica posizione, dunque stando seduti, ma ad un certo punto egli sentì l’esigenza di liberarsi, di poter effettuare dei movimenti che gli permettessero di risuonare con lo strumento e di suonare non solo con le mani, ma con tutto il corpo.

La nuova posizione (1960) prevedeva il piede sinistro poggiato a terra e il bandoneón appoggiato sulla gamba destra, il cui piede era poggiato su una sedia o su di una base. Il compositore si sentiva un tutt’uno con il suo strumento, il suo corpo accompagnava i movimenti delle mani e si uniformava a quelli dello strumento. Tale posizione favoriva sicuramente la forza di attacco, ma richiedeva un maggiore sforzo muscolare in quanto era necessario mantenere un costante equilibrio e fare in modo che il peso risultasse ben distribuito a favore della stabilità; Piazzolla riuscì quindi a trovare una posizione che si addicesse perfettamente alla sua musica, una posizione che rendesse liberi di muoversi e di seguire l’intensa varietà ritmica e sonora richiesta. La trasformazione del tango partì dunque prima ancora che dalla musica e dal tango stesso, dal corpo del musicista, «a new body for a new Tango» (Mauriño, 2009).

Oltre alle innovazioni apportate attraverso il bandoneón ci furono anche delle novità riguardo le formazioni strumentali, infatti Piazzolla amava inserire timbri estranei alle sonorità del tango tradizionale e propose spesso l’inserimento di strumenti nuovi negli ensemble di tango, un esempio potrebbe essere la chitarra elettrica inserita nel quintetto assieme al bandoneón, violino, pianoforte e contrabbasso. Sicuramente la personalità del compositore argentino ha giocato un ruolo fondamentale nella sua musica, egli era aperto al nuovo e nel corso della vita fu esposto a differenti stili musicali, dalla musica classica al jazz fino ai brani di musica popolare. Tutti questi generi influenzarono inevitabilmente il suo orecchio ed entrarono a far parte del suo patrimonio musicale, infatti potremmo definire la sua musica un caleidoscopio di stili ed elementi diversi che ben si combinano tra loro. Ci sono elementi armonici, varietà ritmica e tecniche di improvvisazione del jazz, espedienti contrappuntistici e imitativi derivanti dal suo amore giovanile per Bach e tecniche tipiche della musica latinoamericana e del Tango Tradizionale.

Dall’improvvisazione jazz in particolare prese lo spunto per liberare le singole parti chiedendo ai musicisti di seguire la carta, ma di assecondare allo stesso tempo il flusso emotivo, il quale avrebbe giovato alla musica, al musicista e a chi era in ascolto. Dalla tradizione argentina invece prese spunti ritmici, egli infatti fece in modo da raggirare la regolare pulsazione e usava molto spesso modelli ritmici tipici della musica latinoamericana come il 3-3-2 in un tempo di 4/4 talvolta esteso anche su più battute creando così uno spostamento di accenti che non coincidono con le pulsazioni del metro di riferimento.

Gli espedienti ritmici si connettono poi a quelli melodici dando forma ad un ritmo globale, ossia una tessitura realizzata da continue interazioni ritmiche tra la melodia e l’accompagnamento che dialogheranno tra loro fino al punto in cui non saranno più distinguibili. Forse un’immagine che potrebbe farci comprendere esattamente cosa intendiamo può essere il cosiddetto Nastro di Möbius che costituisce un esempio di superficie non orientabile. Tutte le superfici che osserviamo quotidianamente hanno due facce e dunque noi possiamo idealmente percorrerne una alla volta senza possibilità di incontro, con il nastro di Möbius invece tale principio viene a mancare e infatti otteniamo un solo lato e un solo bordo. Dopo aver percorso un giro, ci si trova dalla parte opposta, mentre occorreranno due giri per ritrovarci sul piano iniziale.

Potremmo affermare che i due piani comunicanti siano la linea melodica e l’accompagnamento che percorrono inizialmente due iter diversi per poi incontrarsi e fondersi in un’unica dimensione. Altro elemento melodico tradizionale è, ad esempio, la tecnica del rubato che Piazzolla riprende spesso nella sua musica, essa consiste nella trasformazione ritmica di una melodia nel momento in cui si precipita verso la fine della frase con una velocità inaspettata. La tecnica del rubato era tradizionalmente – ricordiamo Carlos Gardel – eseguita dal cantante, in Piazzolla ritroviamo un rubato strumentale, talvolta sovrapposto, per cui il finale di una frase coincide con l’inizio di una nuova creando una sensazione di continuità.

Nonostante la scrittura del compositore fosse basata su tecniche interpretative non scritte, il rubato veniva spesso riportato in partitura per questioni di praticità esecutiva e per fare in modo che tutti i musicisti dell’ensemble seguissero una linea comune. Molte delle innovazioni proposte da Piazzolla divennero col tempo prassi comuni condivise e accolte come tendenze e come possibilità esecutivo-compositive.

Piazzolla era un uomo ambizioso, dalle grandi aspettative, consapevole di voler attuare una rivoluzione difficile, «l’Argentina è un paese molto strano. Si possono cambiare i presidenti, ambasciatori, ministri, può cambiare tutto in Argentina, ma non può cambiare il tango. Noi cambieremo il tango». Con queste sue parole – dimostrazione di tenacia e al tempo stesso di sacrificio – possiamo dire che il compositore argentino riuscì nel suo intento rivelando al mondo la profondità emotiva di tale forma musicale.

Astor Piazzolla è stato uno dei più grandi compositori del Novecento che ha dilatato i confini del tango dal limes argentino al mondo intero.

La musica di Piazzolla la ascoltiamo oggi – nel 2021 – e sicuramente risuonerà anche nel 3000.

Bibliografia:

  • Azzi María Susana, Collier Simon, Le Grand Tango: The life and Music of Astor Piazzolla, Astor & Lenox, San Francisco, California, USA, 2017.
  • Azzi María Susana, The Tango, Astor Piazzolla, and Peronism (1940s-1955) in From tejano to Tango: Latin American popular music, Walter Aaron Clark, New York: Routledge, 2002, pp. 25-41.
  • Kuss Malena, La poética referencial de Astor Piazzolla, in «Revista Del ISM», 1(9), 2005, pp. 11-28.
  • Kutnowski Martin, Instrumental Rubato and Phrase Structure in Astor Piazzolla’s Music, Latin American Music Review/Revista de Música Latinoamericana, 23, n. 1, Spring-Summer 2002, pp.106-113.
  • Löfdahl Marcus, Approaching Piazzolla’s Music. Analysis and composition in interaction, University of Gothenburg, 2012.
  • Mauriño Gabriela, A New Body for a New Tango: The Ergonomics of Bandoneon Performance in Astor Piazzolla’s Music, in «The Galpin Society Journal», Vol. 62, April 2009, pp. 263-271.
  • Pelinski Ramón, Astor Piazzolla: entre tango y fugaen busca de una identidad estilística, in Omar Garcìa Brunelli, Estudios sobre la obra de Astor Piazzolla, Ediciones Gourmet Musical, Buenos Aires, 2014.