Madame Vionnet

di Nicoletta De Menna

LA PREPARAZIONE

 Madeleine Vionnet nasce nel 1876 in una famiglia modesta nella regione francese del Giura. In cerca di maggior fortuna i Vionnet si trasferiscono vicino Parigi e qui Madeleine a 12 anni comincia l’apprendistato presso una maison de couture.

Dopo un breve e non incisivo matrimonio segnato dalla nascita seguita dalla morte prematura del primo figlio, si trasferisce in Inghilterra nella regione del Surrey e per apprendere la lingua all’inizio lavora come lavandaia in un manicomio.  Appena in grado di padroneggiarla va a Londra e viene assunta da Kate Reilly, un atelier importante che serve ufficialmente la corte inglese.

Non ha ancora 30 anni quando torna a Parigi e inizia a lavorare nella rinomata sartoria delle Sorelle Callot; qui assorbe i principi della couture ma al tempo stesso impara come trasformare un’attività sartoriale in un vero e proprio business.  Nei confronti delle sorelle Callot conserverà nel tempo un immutato sentimento di sincera riconoscenza anche se durante gli anni della loro collaborazione, acquisendo con l’esperienza una visione via via più autonoma, la sua idea di estrema semplicità e pulizia delle linee si scontrerà sempre più frequentemente con la passione per i pizzi e le decorazioni tipiche dell’epoca e di quella sartoria in particolare.

Nel 1907 il celebre couturier Jacques Doucet, facendo leva su queste divergenze, la assume nel suo atelier con lo scopo di portare una ventata di modernità nella propria produzione e attirare una clientela più giovane. Ma Vionnet è troppo avanti anche per Doucet e per le sue clienti alle quali vorrebbe presentare abiti spogli indossati da modelle scalze, e la collaborazione dopo qualche anno si interrompe.

L’ESPLOSIONE

Nel 1912 inaugura la “Casa di Mode Vionnet” in Rue de Rivoli. Madame, così viene chiamata da subito con rispetto, fin dal principio si batte per depositare e tutelare il copyright dei suoi modelli che firma contro le copie imprimendo l’impronta digitale su ciascuna targhetta, Madeleine Vionnet è una donna non particolarmente appariscente, “quasi modesta” è stato detto, caratterialmente schiva, eppure la sua visione della donna prima ancora che della Moda è radicalmente nuova.

All’inizio del secolo da più parti si erano levate voci contro le costrizioni nell’abbigliamento femminile, busti e corsetti da spezzare il fiato per intenderci.

Mariano Fortuny, il primo per il quale era stato usato il termine di “sarto/artista”, aveva proposto delle tuniche aderenti al corpo fatte con la stoffa piegata fittamente (il plissé), una nuova tecnica di sua creazione che aveva brevettato. Famose danzatrici, una su tutte Isadora Duncan, e attrici le indossavano con entusiasmo seguite però da pochissime altre.

Nel 1908 Paul Poiret nelle immagini per la campagna di lancio di un suo profumo, aveva fatto indossare alla modella il primo reggiseno di concezione moderna; una vera liberazione che però all’inizio aveva incuriosito ma anche imbarazzato le donne che senza il corsetto si erano sentite troppo nude, tanto che Poiret contemporaneamente aveva proposto abiti dalla linea a uovo in cui il corpo, seppur libero, restava però celato come in un bozzolo.

Poi arriva il turno di Madeleine che osa quello che fino ad allora era stato inimmaginabile. Gli abiti da giorno sono funzionali e adatti allo “spirito del tempo” (siamo all’inizio del secolo veloce e in pieno Futurismo), ma la sera la sua è una donna ormai pienamente liberata sia dalle costrizioni che da ogni imbarazzo. L’armonia e la bellezza del corpo diventano protagonisti, l’abito è una striscia di stoffa sapientemente modellata che però non aggiunge altro se non grazia e leggerezza. Inventa il taglio sbieco che rivoluziona la vestibilità dei capi e il modo in cui mettono in risalto le forme, propone colori accesi e linee affusolate e dinamiche gettando le basi per i futuri abiti a sirena che ancora oggi affollano i red carpet di tutto il mondo.

Ardita, contemporanea più che moderna …. come altro definire Vionnet e la sua estetica?

Ma le innovazioni non si fermano agli abiti: nell’ atelier fa costruire una cucina, un refettorio, un asilo, una palestra, un’infermeria e uno studio dentistico garantendo ai suoi dipendenti migliori condizioni contrattuali e salariali rispetto agli standard dell’epoca.

Le donne ora sono pronte, le rivendicazioni di libertà in quegli anni sono politiche prima ancora che estetiche, e Madame “esplode”. Le creazioni incantano in Europa sia la nobiltà che l’alta borghesia, mentre la sua fama oltrepassa l’oceano al punto che possedere un abito Vionnet diventa un imperativo anche per le mogli dei ricchissimi latifondisti sudamericani, definite in quegli anni dalla stessa M le sue migliori clienti.

Lo scoppio della Prima Guerra Mondiale la costringe a chiudere l’attività fino al 1919 e poco dopo la riapertura decide di traslocare in Avenue Montagne, una sede di maggior prestigio realizzata in collaborazione con i migliori architetti e designer dell’epoca.

Altri e importanti nomi affollano la couture parigina nel decennio degli anni ’20 (Poiret come abbiamo visto e Gabrielle Chanel) ma la star indiscussa è lei, Madame Vionnet, con il suo lussuoso atelier conosciuto come “Il tempio della Moda”.

L’INCONTRO FONDAMENTALE

Avviene a Roma dove Madame Vionnet si rifugia durante la Prima Guerra Mondiale. Qui conosce Ernesto Michaelles, in arte Thayaht, un artista fiorentino giovane e versatile con il quale scatta una profonda intesa professionale. In comune hanno la determinazione nel perseguire la modernità e il desiderio di cambiare tutto quanto c’é stato prima, una frenesia comune a tutte le generazioni ma ancor più sentita nei primi decenni del XX secolo in un tripudio di novità assolute: automobili, motociclette, la macchina volante dei fratelli Wright e il cinema dei fratelli Lumiere, la teoria di Einstein e la rivoluzione artistica di Picasso. Tutto corre, tutto cambia, Ernesto e Madeleine fanno parte di quel cambiamento.

Lei sa quanto è importante avere collaboratori di livello, e subito dopo la fine della guerra offre all’artista un ottimo contratto come disegnatore per assicurarsi l’esclusiva delle sue creazioni. La loro collaborazione durerà fino al 1925. Il punto di forza della loro intesa sta nella capacità di Thayaht di dare una forma grafica definita al talento di Madeleine. Lei che si è formata fin da bambina come sarta, sa di non avere eguali nel creare i suoi capi appuntandoli con gli spilli su un manichino di dimensioni ridotte per poi riprodurli in scala regolare. Quegli abiti che fanno sognare, all’apparenza leggeri come nuvole, sono però frutto di complesse costruzioni tanto che spesso le signore vanno in atelier con le cameriere personali che poi dovranno vestirle o lei stessa si reca nelle loro abitazioni. Thayhat sa trasporre in disegni il suo pensiero rendendolo di fatto replicabile, elemento fondamentale per far crescere l’attività. Crea per lei il nuovo logo della maison, l’astrazione di un peplo greco inserito in uno spazio geometrico sintesi fra classicità e modernità, e progetta tutti gli elementi di una immagine coordinata e riconoscibile: carta da imballo, inviti per le presentazioni, intestazione delle fatture… Insieme disegnano e realizzano abiti innovativi al passo con una modernità ruggente che risente della formazione futurista del giovane italiano.

IL SALTO AMERICANO

 Nel 1925 Vionnet apre un negozio a New York e da lì con le sue linee sinuose e femminili influenza la nascente industria cinematografica continuando a dominare sul gusto degli anni ’30. Nel negozio di Fifth Avenue sperimenta le prime forme di un’idea nuova di Moda quasi antesignana del pret-à-porter, proponendo abiti con l’orlo non fatto per adattarli alle diverse proporzioni delle clienti così come modelli proposti in 3 taglie basiche (una sorta di S/M/L) con l’etichetta riportante la dicitura “replica dell’originale”.

Vestono i suoi modelli Marlene Dietrich, Katharine Hepburn, Joan Crawford e Greta Garbo. Le donne di tutto il mondo sognano di sentirsi belle libere e femminili come le attrici amate e per non sfigurare in quei “niente” di tessuto si mettono a dieta e sposano l’idea di una moderata ma costante attività fisica.

L’inizio della Seconda guerra mondiale la costringe a chiudere la sua casa di moda nel 1939 e a ritirarsi definitivamente nel 1940. Il resto della vita lo trascorrerà in modo riservato, così come nel suo stile, morendo poverissima a Parigi nel 1975 a 99 anni.

Lascia la sua preziosa eredità in 75 album di modelli (tutti rigorosamente brevettati) pieni di fantasia, movimento e colore.

      L’INIZIO DI TUTTO, LA MADRE DI TUTTI NOIAzzedine Alaia

L’ARTE DELLA MODA NON È MAI ARRIVATA COSI’ IN ALTOChristian Dior

LA SARTA PIU’ IMPORTANTE DEL XX SECOLODiane Vreeland

IL PROSSIMO SOLISTA:

Ad aprile conosceremo meglio Thayaht, un gigante in molte arti rimasto storicamente schiacciato fra le due guerre.