Non serve udito se a parlare è il corpo

di Maria Cristina Lucido

 

ph. Gerardo Gaetani d’Aragona

Ascoltare, sapere ascoltare, provare ad ascoltare, farsi ascoltare, imparare ad ascoltare. Alcuni tra i riflessi di un verbo che oggi, più di prima, ha la necessità di esistere.

Oggi che viviamo il paradosso di una comunicazione gridata, ci si trova a discutere sulla capacità e predisposizione all’ascolto degli individui. E più il mondo mediatico ci porta verso un’abbuffata di contenuti informativi, più cala in tutti i fruitori, soprattutto nei più giovani, la capacità e la voglia di ascoltare. Ed ancor più triste è riscontrare che l’ammodernamento tecnologico sociale, unito alla nuova percezione di un tempo sempre in fuga, ci palesa il fatto che non sappiamo più ascoltarci, ascoltare noi stessi.

Cosa allora può portarci alla riscoperta del valore dell’ascolto?

Forse un nuovo approccio, un nuovo modo, che non parta dall’udito e l’intelletto, ma dal corpo?

Da 30 anni pratico e lavoro con la danza, soprattutto con i bambini ed i ragazzi, e la mia esperienza mi ha portato alla comprensione del fatto che conoscere e sperimentare le potenzialità del proprio corpo e del proprio movimento possono condurci alla consapevolezza di poter usufruire di un nuovo campo sensoriale, dove muscoli e anima mischiati insieme ci portano ad una percezione delle cose della vita più profonda e autentica.

La danza poi aggiunge modo e metodo. La tecnica, unita alla sperimentazione ed alla ricerca regalano nuove esperienze e aprono le coscienze a nuove riflessioni.

In aula, così come a teatro, singoli e gruppi si ritrovano e nel condividere fatiche ed emozioni imparano ad ascoltarsi. Questo è il mio pensiero: valorizzare questa pratica artistica, e promuoverla tra i giovani e gli adulti, col fine di mettere a disposizione di qualsivoglia fruitore parole non di bocca, ma di gesti. Un nuovo linguaggio che possa donare un nuovo modo per comunicare a chi la pratica e un nuovo modo di ascoltare a chi la guarda.

La danza, così come la musica e tutte le esperienze culturali, offrono all’uomo la possibilità di lavorare sulla propria anima educandola al bello. Per apprezzare una Cosa Bella occorre tempo, occorre ascolto.