Il “temperamento antico” di Giovanna Riboli e Federica Bianchi, fondatrici di Mesotonica
Intervista a Giovanna Riboli e Federica Bianchi, fondatrici dell’Associazione Musicale Mesotonica di Prato
di Filippo Crudetti
Federica Bianchi e Giovanna Riboli sono due musiciste che si dedicano con talento e passione alla Musica Antica. Insieme hanno dato vita a Mesotonica, associazione culturale pratese specializzata nella Musica Antica, selezionata dalla Comunità Europea come rappresentante per l’Anno Europeo della Cultura 2018.
Federica Bianchi diplomatasi giovanissima in pianoforte si dedica completamente allo studio del clavicembalo e delle tastiere storiche, diplomandosi con lode e menzione d’onore al Conservatorio di Firenze e perfezionandosi alla Universitaet fur Musik di Vienna e al Conservatorium Van Amsterdam sotto la guida di Bob Van Asperen e Richard Egarr.
Primo premio al Goettingen Haendel Competition (Germania), premio Weichlain al Biber International Competition (Austria), è la
Prima tastierista italiana ad esser selezionata come clavicembalista e organista dall’ Accademia Barocca Europea d’Ambronay (2008) e dalla prestigiosa Orchestra Barocca Europea 2009 (EUBO).
In qualità di solista e continuista si esibisce regolarmente nelle più importanti sale da concerto (Europa, Giappone, Canada, Russia, Cina) con ensembles di prestigio internazionale quali Il Giardino Armonico (Giovanni Antonini), Il Pomo d’Oro (Riccardo Minasi, Maxim Emelyanichev), Les Musiciens du Louvre (Marc Minkowski), Imaginarium Ensemble (Enrico Onofri), La Venexiana, L’arte dell’Arco (Federico Guglielmo), La Fonte Musica (Michele Pasotti), Kanazawa Japan Chamber Orchestra, Maggio Musicale Fiorentino (Zubin Metha) e con artisti quali Joyce DiDonato, Andrew Laurence King, Max Cencic, Stefano Montanari, Franco Fagioli, Philippe Jarousski, Maurice Steger, Ann Hallenberg, Dmitry Sinkowsky ecc.
Ha all’attivo innumerevoli incisioni per le maggiori label mondiali, Decca, Deutsche Grammophone, Sony DHM, Erato, Warner, Alpha, Glossa e Brilliant Classic, molte delle quali premiate con Diapason D’Or, Echo Classic e Grammy awards.
È laureata con lode in Filosofia.
Attualmente insegna clavicembalo e basso continuo presso il Conservatorio di Venezia.
Giovanna Riboli, diplomata in pianoforte, organo e composizione organistica, ha approfondito gli studi al conservatorio di Amsterdam, specializzandosi nell’interpretazione su strumenti storici ed esibendosi in concerto nel famosissimo organo di Sint-BavoKerk in Haarlem, un Christian Müller del 1738. Si è poi laureata in Direzione di Coro con Fabio Lombardo, si esibisce regolarmente come solista in diversi gruppi da camera in Italia e all’estero (Germania, Spagna, Francia, Argentina, Uruguay) e collabora con importanti direttori di coro e orchestra. Docente di Organo, Composizione Organistica, di Canto gregoriano e Accordaturae Temperamenti, è stata, dal 2009 al 2012 organista assistente della Oude Kerk, della Nieuwe Kerk e del Duif Kerk di Amsterdam e poi della Catedral Anglicana San Juan Bautista di Buenos Aires.
Ora è organista titolare della Badia Fiorentina e direttrice dei cori “Minima Choralia” e “Dino Bonciani”.
Con questa intervista alle fondatrici di Mesotonica ha inizio la loro collaborazione con Ecce musica – Magazine. La competenza e l’entusiasmo che le contraddistinguono sono una preziosa risorsa, specie in un momento come questo.
Potreste presentare Mesotonica, illustrando come e quando è nata l’idea di costituire questa associazione?
[Federica Bianchi] L’idea di Mesotonica nasce nell’estate del 2015. Io e Giovanna ci siamo conosciute ad Amsterdam, in Olanda dove lei faceva il master di organo e io di clavicembalo. Nonostante avessimo studiato tutte e due a Firenze, non ci eravamo conosciute in quella circostanza, ma siamo diventate grandi amiche e colleghe in seguito, in Olanda. Già da subito, confrontandoci sulle nostre idee circa il mondo musicale, avevamo capito che avremmo potuto veramente costruire un progetto insieme. Quando siamo tornate in Italia, nell’estate del 2015, abbiamo deciso di fondare un’associazione che fosse tutta improntata sulla musica antica, che abbraccia un periodo che va dal medioevo fino al classicismo, ma non solo in Europa, ci teniamo sempre moltissimo a precisarlo: anche nel resto del mondo accadono tantissime altre cose che hanno pari dignità di essere raccontate e trasmesse.
Dall’idea dell’associazione è nata fin da subito la proposta di prendere uno spazio che non fosse un classico luogo per i concerti, quindi non una sala da concerti, non un piccolo teatro, ma un fondo commerciale, un posto calato nel tessuto urbano della città. Abbiamo utilizzato una piccola pizzeria dismessa e noi l’abbiamo ricostruita creando un salotto. L’idea che ci ha animate fin dall’inizio era quella di non creare una differenza e una distanza con lo spettatore e ciò implicava che non ci fosse un palco già di per sé geograficamente a delimitare questa differenza, che si fosse tutti sullo stesso livello e che si potesse fruire entrambi, sia dalla parte dello spettatore che da quella del musicista, di una esperienza molto unica e particolare perché questa prossimità crea sicuramente una fruizione musicale diversa. Abbiamo quindi cercato di coinvolgere un po’ tutti i musicisti che avevano collaborato con noi nel corso degli anni, mettendo in un certo qual modo la nostra carriera a disposizione di quel luogo. Devo dire che la risposta da parte dei musicisti, sia italiani che stranieri, è stata fantastica, perché qualsiasi musicista o conferenziere che è venuto a Mesotonica ha sentito il respiro forte di questo nostro progetto. All’inizio eravamo perplesse perché pensavamo che il pubblico potesse non essere abituato a un tipo di musica così settoriale. In realtà è stata proprio questa la nostra grande scommessa, rendere qualcosa che tutti considerano una nicchia molto alta, esclusiva, specializzata, accessibile e fruibile da tutti. Questo non è stato fatto abbassando l’asticella della qualità. Spesso e volentieri per rendere fruibile un prodotto lo si semplifica, così almeno sono sicuro che tutti lo possano capire. Questa è stata la vera sfida: presentare un prodotto nella sua complessità ma scevro delle sovrastrutture formali che in qualche modo già di per sé creano una grande distanza. Se si tolgono queste sovrastrutture e si mette a disposizione di un musicista uno spazio in cui raccontarsi, abbiamo visto che anche i repertori più ostici ed estremamente specialistici, dall’alto medioevo alle sonate di Bach per viola da gamba, vengono seguiti e molto apprezzati. Bisogna dire però che devono essere sempre condotti con qualità e raccontati sia attraverso la musica che per mezzo delle parole del singolo artista. In questo modo arrivano direttamente alle persone, senza bisogno di nessun’altra spiegazione. Il pubblico di Mesotonica, da una decina di persone che era all’inizio, si è moltiplicato nel tempo, a un punto tale che adesso ogni concerto, ovunque lo organizziamo, è sempre pienissimo. Quindi questo vuol dire, secondo noi, che se si lavora in una certa direzione, la qualità paga e in un modo veramente sorprendente.
Per quale ragione avete voluto dare un nome così particolare all’associazione e cosa significa Mesotonica?
[Giovanna Riboli] Mesotonico è un temperamento antico che ci sta particolarmente a cuore. Io, in prima persona, sono organista di un organo mesotonico, per cui, pensando alla musica antica, il nostro temperamento preferito era quello mesotonico. Ci siamo proprio guardate in viso e abbiamo detto: “Noi siamo le mesotoniche. Come chiamiamo l’associazione? Mesotonica, ovviamente al femminile perché siamo due donne”.
Ci è sembrato un modo simpatico e caratterizzante di quello che proponiamo. Chi conosce il significato di mesotonico comprende immediatamente di che tipo di musica si va a parlare, invece chi non lo sa si incuriosisce, lo chiede e noi lo spieghiamo, instillando forse un po’ di curiosità nelle persone. Il nome dunque possiamo dire che abbia funzionato più di quello che si pensava.
Che tipo di pubblico segue i concerti di Mesotonica? È cambiato nel tempo e, se sì, come?
[Federica Bianchi] Il pubblico è sempre stato eterogeneo. All’inizio abbiamo avuto moltissimi musicisti, musicologi e addetti al settore che si sono avvicinati per primi, più per la curiosità di vedere una nuova realtà, o addirittura giudicarla/criticarla che per altro. Man mano che siamo andate avanti, le persone del settore veramente interessate sono rimaste, ma la cosa sorprendente è che i non specialisti, quindi non musicisti, non musicologi, ma cittadini comuni, che fanno tutt’altro nella loro vita, si sono appassionati così tanto da non solo da seguirci ovunque noi andiamo a suonare personalmente e dove organizziamo concerti, ma molti di loro si sono anche spontaneamente proposti di darci una mano concretamente nell’organizzazione. Quindi il pubblico è assolutamente ben assortito. Si va da persone che hanno iniziato a studiare la musica antica perché hanno sentito un concerto a Mesotonica, a ragazzini delle scuole di musica che si sono appassionati alla musica antica, pensionati che facevano e fanno tutt’altro nella loro vita. Una caratteristica comune a tutto il pubblico di Mesotonica è che è veramente un pubblico molto attento. Tutti i musicisti che sono venuti da noi ci hanno detto che è molto difficile trovare un silenzio così in ascolto e suonare per qualcuno che ti ascolta veramente con il desiderio di imparare è qualcosa di rarissimo.
Che tipi di legame avete instaurato con il territorio toscano e in particolare con Prato?
[Giovanna Riboli] Noi siamo su Prato e per il momento stiamo interagendo su questa città.
Siamo partite con una scommessa poiché avevamo in mano solamente il nostro curriculum e un progetto di una pagina. Abbiamo chiesto un appuntamento al Comune di Prato non avendo nulla in mano e scommettendo praticamente solo su noi stesse e gli addetti ci hanno dato fiducia, pensando che due persone con un percorso del genere avrebbero sicuramente puntato in alto e dunque una cosa di poco valore e spessore non l’avrebbero mai potuto organizzare. Così anche loro hanno scommesso su di noi e ci riteniamo molto fortunate per questo; del resto hanno riconosciuto gli anni di studio, le esperienze lavorative e tutte le cose che avevamo già fatto. Alla fine io penso che se presenti la qualità essa venga sempre riconosciuta. In seguito, una piccola scommessa, si è trasformata negli anni in una certezza. Adesso anche le istituzioni sanno che un concerto organizzato da Mesotonica avrà una sua validità. Sicuramente non presentiamo un concerto dal quale si esca delusi, magari potrai dire di aver sentito uno strano concerto, una strana questa musica o uno strano strumento, ma non così deluso da dire di aver ascoltato un concertino mediocre, per turisti a basso costo. Questo tipo di concerti purtroppo sono molto frequenti, soprattutto a Firenze. Noi cerchiamo invece di puntare sempre moltissimo sulla qualità dei musicisti dei nostri concerti. All’inizio era quasi sempre il Comune l’interlocutore, poi invece il parco si è ampliato e infatti ora organizziamo tante cose insieme al Museo di Palazzo Pretorio, alla Fondazione Casa Pia dei Ceppi Prato – Museo Casa Datini, alla Curia vescovile di Prato. Ci siamo radicate veramente un po’ su tutto il territorio.
Oltre agli eventi di Mesotonica, organizzate anche un importante festival estivo internazionale di musica antica dal nome Prato Antiqua. Di cosa si tratta?
[Federica Bianchi] Il festival è chiaramente il proseguo di quello che noi facciamo a Mesotonica. In primavera c’è uno sbocciare e poi raccogliamo i frutti in estate. Con questo festival restituiamo alla società, in maniera un po’ più aperta, quello che facciamo durante l’anno attraverso quattro/cinque concerti in cui invitiamo ospiti di caratura internazionale, che nel corso degli anni hanno proposto a volte masterclass con annesso un concerto finale, oppure semplici concerti. Solitamente la rassegna è divisa in due filoni, uno prettamente di musica medievale, rinascimentale e barocca europea e un filone dedicato alla musica etnica extraeuropea, ospitando così concerti di musica indiana, mediorientale, sefardita, tartara. Tutte e due le proposte cercano sempre di mantenere un livello qualitativo molto alto, per cui invitiamo sempre artisti di cui siamo a conoscenza del percorso che hanno fatto, che conosciamo personalmente e con i quali collaboriamo. Difficile si esibisca nel nostro festival un artista che con noi non ha niente a che vedere e quindi venga a utilizzare il nostro festival per una mera promozione personale. C’è sempre un rapporto umano e musicale con chi partecipa al festival. Gli artisti lo sanno e per questo mettono in campo sia la loro musicalità che la loro umanità. Così come nella parte di Mesotonica, anche i concerti estivi hanno sempre questo raccontarsi da parte dei musicisti. Quando per esempio è venuto uno degli artisti più famosi che ha calcato il nostro palco, cioè Richard Egarr, docente della New York Accademy of Music e della Julliard School, è stato fantastico perché cercava di comunicare con le poche parole di italiano che conosceva, ma era talmente tanta la voglia di parlare con il pubblico e da parte del pubblico di ascoltare, che quel concerto poi è durato addirittura tre ore. Quella serata fu una cosa strepitosa e inusuale. Le persone non se ne andavano più. La cosa bella in quel caso è stato vedere che, proponendo un concerto per cembalo solo, molto difficile e ostico per i non addetti ai lavori, anche questi siano rimasti ad ascoltarlo per tutta la sua durata. C’erano addirittura persone fuori che non sono riuscite ad entrare. Noi e il Comune siamo rimasti veramente tutti stupiti della cosa. A volte, oltre ai concerti, ospitiamo anche altre arti, per esempio abbiamo avuto una bravissima ballerina di danza indiana e due musiciste che sono anche danzatrici della tradizione tartara. Cerchiamo sempre di aprirci alle altre arti consorelle della musica.
Com’è nata la vostra passione per la musica, quando avete scoperto la musica antica, comprendendo di volervi dedicare a questo ambito e allo stesso tempo diffondere questo tipo di musica?
[Federica Bianchi] Io provengo dal pianoforte, corso di studi accademico, diploma in pianoforte, liceo classico, tutto molto negli schemi. Finisco il diploma di pianoforte, sono abbastanza giovane, però non ne posso più di un certo modo di far musica. Mi sento un po’ costretta e quindi lascio per qualche anno, almeno quattro o cinque, il mondo della musica. Mi ci riaccosto grazie al concerto di Christophe Rousset al clavicembalo e mi sembra un mondo totalmente diverso quello della musica antica, molto più libero, aperto all’improvvisazione, in cui c’è bisogno di una grandissima conoscenza armonico-teorica, che però puoi mettere in pratica in maniera meno costrittiva rispetto a un corso di studi di pianoforte. Questo mi ha aperto veramente un mondo, ho trovato così finalmente la libertà di esprimere attraverso la musica quello che sono io. E anche il mondo delle persone, sia del pubblico ma anche dei musicisti che gravitano intorno alla musica antica, l’ho trovato veramente molto più aperto mentalmente e anche più vicino alla mentalità di un jazzista che non a quella di un classico direttore di una grande orchestra sinfonica stabile.
[Giovanna Riboli] All’inizio anche io ho intrapreso un percorso molto simile. L’idea di dedicarmi anima e corpo alla musica antica è venuta partecipando a masterclass tenute ad Amsterdam e suonando i bellissimi organi che mi hanno fatto innamorare perdutamente dello strumento e del repertorio annesso. Questo accadde dopo il diploma in pianoforte quando, come ho detto, ho lasciato l’Italia e sono andata in Olanda. Il mondo accademico della musica classica che avevo frequentato fino ad allora mi appariva molto ristretto ed elitario, non mi ci ritrovavo. Invece ho veramente trovato molta più libertà di espressione nell’ambiente legato alla musica antica.
A chiusura delle vostre stagioni concertistiche di Mesotonica organizzate talvolta alcune conferenze di carattere musicologico. Di cosa si tratta?
[Giovanna Riboli] Vedendo la risposta del pubblico che era veramente molto interessato alla musica decidemmo di iniziare a fare anche alcune conferenze. Spesso alla fine dei concerti c’era qualcuno, anche persone non addette ai lavori, che alzava la mano e faceva alcune domande specifiche. Vedendo questo, a me e Federica, è venuto naturale proporre delle conferenze su temi particolari per verificare se il pubblico avesse voglia di seguire e di approfondire ulteriormente. Abbiamo fin da subito riscontrato un notevole interesse da parte delle persone e quindi abbiamo intrapreso con grande gioia questa attività, che è solamente all’inizio perché in realtà per il futuro la nostra idea è di ampliarla, creando dei veri e propri percorsi e non solo delle conferenze flash come abbiamo fatto finora. Certo tutto questo non è semplice perché alle persone si richiedono degli impegni duraturi, però questo potrebbe essere un arricchimento e avere una buona risposta di pubblico.
Come vi state muovendo nella situazione attuale, con la chiusura di sale concerto, teatri, festival?
Vi siete aperte al digitale, proponendo concerti in streaming e, se sì, com’è la risposta del pubblico?
[Giovanna Riboli] Il Museo di Palazzo Pretorio ci ha dato la possibilità di organizzare tre concerti in streaming, che sono online sul loro canale YouTube. Il pubblico, e dunque le persone con cui siamo riuscite a parlare, ci hanno dato dei feedback molto positivi. Ovviamente non c’è paragone con il concerto dal vivo, ma in questo momento in cui non c’è scelta, è comunque molto apprezzato. Quindi diciamo che in una situazione obbligata come quella di adesso, possono andare molto bene. Per il futuro ci auguriamo vivamente che i concerti in streaming non esistano proprio più perché perdi la vibrazione, perdi la magia. È come guardare un film o andare a teatro. È molto diverso. In un concerto dal vivo provi delle emozioni diverse. Anche il semplice fatto di dover stare in silenzio davanti a un concerto è un fattore importante. Invece con lo streaming l’attenzione è minore e tende a diminuire velocemente e molto spesso ti viene da fare altre cose mentre ascolti. Fisiologicamente una persona non può avere lo stesso livello di attenzione che dal vivo.
Entrambe avete vissuto e vi esibite all’estero. Com’è recepita qui la musica antica? Mentre in Italia è riservata solitamente a un gruppo molto ristretto di addetti ai lavori e appassionati forse altrove c’è una fruizione più ampia anche da parte dei non specialisti: quali differenze avete riscontrato?
[Giovanna Riboli] La situazione in Italia della musica antica purtroppo è molto triste perché non ci sono sufficienti luoghi predisposti, sufficienti stagioni, non c’è sufficiente pubblico e sufficiente attenzione. Purtroppo è triste. Ma lo si riscontra in generale, anche se osserviamo la situazione di questa pandemia, nella quale i teatri italiani e le sale da concerto sono chiuse perché non sono considerati un bene essenziale, mentre all’estero, sebbene con aperture parziali e stagioni ridotte, continuano a esserci dei concerti. Quindi la maggior parte delle attività, soprattutto di Federica, avvengono all’estero e anche in grandi produzioni. È quasi obbligata ad andare all’estero e per noi musicisti sono viaggi molto stancanti. Se ci fosse maggior lavoro e di buona qualità vicino a casa saremmo certo più contenti, ma la realtà non è questa. La mia situazione di organista invece non è unica in Italia, questo sì, però mi trovo sicuramente in una situazione altamente privilegiata, dato che suono un organo antico presso monaci e monache della fraternità monastica di Gerusalemme, i quali fanno una liturgia cattolica romana molto particolare e all’interno della loro regola di vita lasciano moltissimo spazio alla musica. La musica addirittura è ai primi posti. Non è solo ora et labora, ma è ora con la musica e labora con la musica. Quindi suonando per il servizio della Badia Fiorentina suono un vasto repertorio e ogni settimana faccio praticamente un concerto e le persone rimangono a sentirmi, ascoltandomi molto attentamente. Dunque, come ho già detto, ho una situazione quasi unica.
In generale però nel nostro paese, rispetto ad altre parti del mondo, siamo ancora molto, molto indietro. Bisogna anche tener conto del fatto che il movimento della musica antica, la riscoperta di questo repertorio, ha avuto inizio negli anni Settanta in Olanda ed è andato in giro per tutta Europa, ma qui in Italia lo studio della musica antica nei conservatori esiste solamente da qualche anno. È veramente poco tempo che ci sono i percorsi di musica antica, non sono decenni. Quando io ero in conservatorio non esistevano ancora. Sono arrivati tanto in ritardo da noi, purtroppo.
Nel periodo di soggiorno olandese, hai avuto l’onore di collaborare con l’organista, clavicembalista, direttore d’orchestra, studioso e ricercatore, Gustave Leonhardt, vero e proprio pioniere della pratica della esecuzione storica della musica antica. Aver conosciuto, studiato e collaborato con un artista e una personalità del suo calibro cosa ha lasciato in te e nel tuo percorso sia di musicista che di docente e di direttrice di cori?
[Giovanna Riboli] Una delle cose più importanti è stato vedere il suo continuo impegno e il suo continuo studio. Amsterdam per la musica antica, e in particolare per l’organo, può sicuramente essere considerata la capitale mondiale. É piena di grandi musicisti e quindi è quasi all’ordine del giorno poter parlare con grandissimi musicisti. Gustave Leonhardt mi ha fatto comprendere che nonostante gli altissimi livelli che uno può raggiungere, bisogna sempre continuare a studiare e ad aggiornarsi e non adagiarsi sugli allori perché c’è troppo spesso il rischio di pensare di essere un grande musicista, arrivato a un livello tale che non richiede ulteriore studio.
Collegandoci alla musica etnica e popolare che voi proponete al festival di Prato Antiqua, anche tu, Federica, ti sei occupata di questo filone con il progetto sulla cantante siciliana Rosa Balestrieri. Potresti spiegarci in cosa consiste?
[Federica Bianchi] Il progetto nasce dal connubio con una grande cantante e attrice, Alessia Arena. Con esso abbiamo voluto rivalorizzare tutta l’opera di Rosa Balestrieri, la sua vita, sia come donna che come artista. La rivisitazione che noi ne facciamo parte proprio dal suo background contadino, siciliano, profondo e semplicissimo, ma al contempo di grandissima intensità, unendolo alla musica antica, la musica barocca e in particolare tutta l’arte improvvisativa, ricongiungendo il tutto con il basso continuo. Di per sé, le strutture armoniche dei brani e delle canzoni di Rosa Balestrieri sono abbastanza semplici, quello che colpisce maggiormente è l’intensità del testo, il suo modo di cantare, come lei porgeva la voce. Abbiamo ripreso queste strutture semplicissime armonicamente e io le ho riarrangiate in chiave barocca, quasi fossero tutti dei bassi ostinati e quindi molti dei brani sono introdotti da una passacaglia piuttosto che da una ciaccona o da un passo e mezzo. Da questo progetto è nata una giornata di studi a livello europeo, che si è tenuta qualche anno fa al Conservatorio Cherubini di Firenze, a cui ha fatto seguito un CD dal titolo A piedi nudi (Omaggio a Rosa Balestrieri) edito per RadiciMusic Records, che è stato anche selezionato fra i finalisti al Premio Tenco di quattro anni fa e che poi è stato finalista anche al Premio Loano, ricevendo grandi riconoscimenti.
Progetti futuri per Mesotonica?
[Giovanna Riboli] C’è un pentolone grandissimo sul fuoco, che sta bollendo molto forte. In questo difficile momento pandemico abbiamo pensato a tanti altri progetti e anche a delle vesti nuove di Mesotonica, a breve ci saranno grandi novità.
Ci stiamo avviando al termine di questa bella e stimolante chiacchierata. Vorrei però ancora porre a tutte e due un’ultima domanda importante. Ogni mese Ecce Musica-Magazine pubblica una parola chiave, fornendo diversi spunti di riflessione su di essa. Questo mese la parola è Amore. Cosa significa per voi soprattutto in relazione alla musica?
[Giovanna Riboli] Amore è l’attrazione viscerale per il tuo strumento. È lui che deciderà per la tua vita, che ti farà sorridere, quando gli dedicherai il tuo tempo, la tua mente e il tuo corpo. E lui ti darà indietro il suono più bello sulla Terra. Che ti farà piangere, quando non sarai concentrata solo su di lui e pretendi di avere dei buoni risultati mentre la mente ha ʽaltroʼ a cui pensare. E lui ti darà indietro un suono aspro e asettico. Amore è quando ti siedi davanti a lui, lo sfiori con le dita e pensi: “Questo è il mio posto” (Organo Onofrio Zeffirini da Cortona, 1558-Badia Fiorentina, Firenze).
[Federica Bianchi] Per me l’Amore si estende fra i confini della creazione, cioè dell’atto creativo, arrivando fino all’ascolto più profondo e sfocia in un grande dono. Questo è anche quello che fa la musica, estendendosi anch’essa, come l’Amore, tra l’atto creativo, il silenzio e il dono che si fa agli altri.